Recensione “Dimmi l’amore che cos’è”
Libro: “Dimmi l’amore che cos’è”
Autore: Cecile Bertod
Editore: Leone Editore
Copertina flessibile: 466 pagine
Stampa: 18/06/2020
Dove trovarlo:
Ok,
lo ammetto e ne prendo umilmente atto: non scrivo recensioni da un po', ma, a
mia discolpa, devo necessariamente ammettere che le ragioni della mia latitanza
sono validissime, quantomeno lo sono dal mio punto di vista. Innanzitutto il
lavoro. Ebbene sì, il lavoro, non per mia volontà sia chiaro, mi ha indebitamente
sottratto più tempo del previsto e, nel frattempo, giusto per non farmi mancare
assolutamente nulla, ho concluso gli esami universitari, ho scritto la mia
bella tesi sperimentale sulla Divina
Commedia, ho compreso il meccanismo delle revisioni sul foglio word e sono
ad un passo dalla laurea. Per me inizia una nuova vita: da mezza occupata part
time senza la laurea, sto per diventare mezza occupata part time con la laurea.
Un vero salto di qualità, ne sono consapevole! Ora converrete certamente con me
che gli unici libri divorati dalla sottoscritta negli ultimi mesi siano stati
testi monografici e voci enciclopediche e non potevo certo recensire La guerra della lingua. Ineffabilità,
retorica e narrativa nella «Commedia» di Dante, nonostante sia
stata una lettura a dir poco illuminante, o La punta del disio. Semantica
del desiderio nella Commedia. Beh, avrei anche potuto, ma non sono certa sarei
riuscita a rintracciare affinità con la punta del disio decantata da
Pertile, anche perchè l’unica punta del disio della sottoscritta
ultimamente pare essere la Nutella. Pensate possa essere considerata una
semantica del desiderio? Il bisogno di Nutella c’è sicuramente;ho qualche
perplessità sulla semantica!
A tal proposito sappiate
che, proprio mentre stavo concludendo l’ultimo capitolo della
tesi, mi sono imbattuta in un romanzo carinissimo, dalla sfavillante copertina
bianca, romanzo comprato da mia sorella e lasciato ad avvizzire sul comodino
accanto al letto tra un panino con prosciutto e provola smangiucchiato, un
calice di vino completamente vuoto ed un paio di etichette di Zara
bruciacchiate, ah avevo dimenticato la Yankee Candle, non sia mai detto! Mai
dimenticare la candela da 30 euro che il genio di mia sorella ha comprato e
rotto, ma la accende lo stesso, perché “è una Yankee Candle”! Peccato per la
folata di fumo grigiastro che emana ogni volta che viene spenta, ma va bene, è
una Yankee Candle!
Prima
della allampanata dissertazione sulla Yankee Candle stavo parlando del mio occhio
che, distratto dal suo compito di vigilare sull’ortografia della mia tesi, si è
negligentemente posato sul comodino nell’angolo della stanza. Ora io non so se
sia stato richiamato dalla Yankee Candle, dal calice di vino o, più
probabilmente dalle etichette di Zara, fatto stà che ha deciso di vagare da
quelle parti e, proprio mentre stava vagliando la possibilità di ingurgitare
ciò che era rimasto del panino e riempire il calice con del vino bianco
ghiacciato, ha visto lo sbrilluccichìo della copertina del summenzionato
romanzo spiccare tra i detriti lasciati ad appassire accanto al letto. Mi pare
scontato dire che la sottoscritta, nonostante fosse alquanto combattuta, alla
fine ha deciso di dare una sbirciata alla copertina. In mia difesa devo assicurare
che il romanzo mi ha praticamente chiamata, con particolare tenacia aggiungerei.
Se non avesse voluto essere letto, non avrebbe dovuto avere la copertina così
bianca e sbrilluccicosa.
L’autrice
del libro di cui sopra è Cecile Bertod. Un nome, una garanzia: "scrittrice
rosa, rossa, qualche volta antracite”, come lei stessa si definisce sulla sua
pagina Facebook. È una restauratrice archeologica che ha al suo attivo
moltissimi libri, tra i quali: “Non mi piaci ma ti amo”, Ti amo ma non posso”,
“Nessuno tranne te”, “C’era una volta a New York”, "L'Assistente
Ideale", "Principe Azzurro e dove trovarlo" e molti altri.
Potete trovarla qui: Cecile Bertod
Per amor del vero devo ammettere che l’autrice mi ha risparmiato un po' di lavoro e per questo la ringrazio. La protagonista, Mable Hope ha avuto l’idea deliziosa di compilare una scheda con i suoi dati sul sito di incontri “più affidabile in città”, ossia Lovebynight.org. Per cui riporto le informazioni della scheda “N°: 36425”:
Nome:
Mable Hope
Sesso:
Perché no?
In
cerca di: Soldi? I miei occhiali? Uomini?
No. No, dai. Uomini no. Ancora? Ah…
Stato
civile: Assediato in pausa caffè.
Altezza:
Preferisco “Sua maestà eccellentissima”. Uff…ok. 1.70.
Occhi:
Neri.
Professione: Responsabile del Dipartimento di Antropologia del BIT.
Corporatura: Esile. Un po' bradipa. Tendenzialmente stabile.
Capelli: Castani.
Figli: Ho adottato un panda. Si chiama Theodore.
Motto: Flydown. Flyunderground.
Mable
ci viene presentata nel salotto di casa mentre cerca, con tutte le sue forze si
deve ammettere, di cacciare il ragazzo che, per qualche sibillino motivo,
probabilmente la tequila, la sera precedente le era sembrato la riproduzione di
Gerard Butler ed ora invece appare chiaramente l’incrocio di “Ron Wesley e
Biagio la lucertola”. La nostra protagonista ha 29 anni da circa due anni e sei
mesi. Uh, uh…..anche io ho 27 anni da due anni……ok, ok non è vero, ne ho 27 e
nove mesi da cinque anni. Siete permalosi oggi!? Pur essendo la progenie di una
famiglia rigorosamente ebraica, non crede in nessuna divinità a parte Travis
Fimmel e, per motivi a me ignoti, ha fatto credere al padre di lavorare in una
pasticceria nonostante, in realtà, ricopra una posizione di tutto rispetto
presso il Dipartimento di Antropologia del BIT. Tutte le mattine: “apro gli
occhi e mi chiedo perché. Questa cosa di doversi vestire, lavorare,
socializzare. E’ tutto troppo…complicato”. Sono pienamente d’accordo, in modo
particolare con la parte relativa al lavoro, ma anche con quella relativa alla
socializzazione e spero non si offenda se aggiungo anche la depilazione.
Perché? Perché devo depilarmi? Se ho i peli un motivo dovrà pur esserci, il
fatto che non sia stata ancora identificata a pieno l’utilità dei peli
femminili non significa che non ne esista una. Per quanto riguarda l’arduo
compito della vestizione, dite che se un pigiama è davvero, ma davvero molto
carino può essere considerato abbigliamento casual? Ora devo proprio dirvi
perché Mable è il mio mito: ha lasciato il suo ex fidanzato sull’altare di
fronte a 200 invitati! Io. La. Amo. Ho detto a mia sorella che, se dovessi mai
avere la malaugurata idea di sposarmi, magari perché ho preso un colpo in testa
davvero, davvero forte, onde evitare figuracce le converrà procurarsi una
catena, di quelle che si usano per appendere i maiali e tenerla a portata di
mano nella pochette a forma di papera che ho deciso dovrà indossare. Ora io non
voglio schierarmi dalla parte di nessuno, lungi da me parteggiare, ma a quanto
pare il fidanzato immaginario della povera protagonista ha avuto l’indecente
coraggio di lasciarla per una per una cubista di nome Callisto. Dopo un colpo di
tale portata, non vi pare consono avere qualche problema a relazionarsi?! Anche
io ho vissuto, ahimè, una situazione molto simile alla sua, solo che il mio
fidanzato immaginario, così, dal nulla, ha deciso di sposare Elsa Pataky, ma i
problemi relativi al tessuto relazionale sono gli stessi.
Lui
è Stephen Gardner e grazie alla sua scheda possiamo sapere molte cose su di
lui, ovviamente se prima riusciamo a decifrarla.
Nome: Stephen Gardner
Sesso: Cromosomi XY.
In
cerca di: Una teoria sulla propagazione
delle stringhe in spazi vuoti curvi mediante l’uso di modelli sigma non
lineari.
Stato
civile: La riproduzione è un processo
biologico di secondaria importanza.
Altezza: 1,88.
Occhi: Mutazione del gene HERC2.
Professione: Responsabile del Dipartimento di Fisica al BIT.
Corporatura: Diametri scheletrici nella norma.
Capelli: Pigmentazione con alte percentuali di magnesio.
Figli: Lo ritengo altamente improbabile.
Motto: Cogito ergo sum.
Quindi il nostro protagonista è Stephen, detto anche Mr. Spock, “responsabile del Dipartimento di Fisica, professore di Fisica teorica, direttore associato del laboratorio di ricerca elettronica, consulente tecnico del laboratorio sperimentale di Astronomia, curatore del progetto ERACLITO. E quando ha un attimo di tempo, sfila gli abiti da noioso professore universitario e indossa la sua tutina elasticizzata per difendere il pianeta dagli errori ortografici”. Come appare evidente il ragazzo ha un bel daffare, ma nonostante usi un “dopobarba da cardiopalma” rimane un “sociopatico”, quantomeno secondo la nostra protagonista. Per amor del vero si deve ammettere, però, che i capelli ricchi di magnesio stanno divinamente sugli occhi azzurri, creano quel contrasto cromatico affascinante come pochi altri. Per non parlare del suo motto, derivato direttamente dal dubbio iperbolico della filosofia francese, Cogito ergo sum. Anche il mio motto è simile, ma trae origine dall’apodittico iperbolico della filosofia dionisiaca/alcolemica simil nietzschiana caraibico-tropicale, Cogito ergo rum! Secondo la nostra cara Mable l’unico “merito” di Stephen è essere il capo del Dipartimento di Fisica, per il resto pare sia “un esaltato” dal “cervello di Einstein trapiantato nel corpo di un tenebroso trentenne dallo sguardo magnetico”. Stephen ci viene presentato appena giunto in ufficio, per l’esattezza alle 8 e 17 minuti, accolto dai colleghi che gli hanno preparato una festicciola in quanto nell’aria c’è sentore di vittoria, più precisamente la vittoria riguarda il Premio Michael Moore. Il professor Gardner ed il suo Dipartimento potrebbero vincere per la sesta volta il premio battendo nientemeno che il record di chimica farmaceutica. Scusate se è poco! Per chi non fosse aggiornato riguardo il premio, pare che il Michael Moore sia un “fondo di tre milioni di dollari messo a disposizione da una società di telecomunicazioni, la COMB, alla facoltà che presenterà il progetto di ricerca più interessante”. Come plus, il Presidente degli Stati Uniti consegnerà una targa di merito al vincitore. Secondo voi è pensabile partecipare? Tranquilli, però, la targa non la voglio, la lascio a voi. Si lo so, sono generosa!
Entrambi
i protagonisti sono chiamati a partecipare al concorso: Mable,
nonostante la serie infinita di messaggi da parte della sua assistente che le
ricordano di scrivere una relazione plausibile, lo dimentica come ogni anno. In
fondo, solitamente, il presidente della commissione, Leonard Sharp, è un tipo rilassato
e abbastanza tranquillo quindi non si prospettano problemi all’orizzonte. O
forse si? Ipotizziamo che Leonard sia in malattia e la commissione sia
presieduta da Mindy Reese, sua moglie, che disprezza la nostra antropologa solo
a causa di un “vibromassaggiatore cervicale finito per caso nella borsa di suo
marito”. In questo caso, secondo voi, a quanto potrebbe, ipoteticamente,
ammontare il numero di complicazioni cui una Responsabile del Dipartimento di
Antropologia potrebbe essere soggetta? Vi invito a meditare!
Stephan,
al contrario di Mable, ha già partorito un argomento, lo ammetto, affascinante
come pochi: le stringhe. Wow, le stringhe! Cioè le stringhe! Non riesco a
spiegarmi il motivo del suo fallimento al concorso. Le stringhe, si sa, rappresentano
un soggetto di dissertazione davvero ragguardevole! Mable, invece, ha optato
per qualcosa di più astruso, “Perché ci innamoriamo, teoria elaborata da Helen
Fisher. Appendice allegata: dieci modi per farla godere a letto, in omaggio una
copia di Vanity Fair.” In
pratica la suddetta dicitura è quanto riportato sul primo foglio che le è
capitato tra le mani prima di presentarsi di fronte alla commissione.
Ora
la situazione si avvia lungo un precipizio inesplicabile e vertiginoso in
quanto i due, che sono agli antipodi se non fosse chiaro, sono costretti a
lavorare insieme e, mentre Mindy sente odore di Pulitzer, Mable sente “il suono
delle sirene in sottofondo”.
Più
di questo non posso dirvi!
È il
momento di passare ai personaggi secondari, che, come i protagonisti, fanno la
storia, la determinano, la guidano, ne definiscono l’evoluzione.
Al
primo posto troviamo Rachel O’Connor, assistente di Mable nel cui contratto, che
puntualizzo è firmato e sottoscritto da Rachel, pare ci sia una clausola che
include l’adempimento di compiti ben precisi, come “tenere a bada” i genitori
della protagonista.
Al
secondo posto, per par condicio, mi sembra opportuno inserire la segretaria di
Stephen, Terry, assunta perché pare possegga “le ghiandole mammarie più
anatomicamente rivoluzionarie del Massachussetts”. Se non fosse stato per loro
probabilmente sarebbe già stata sostituita da un bonsai.
Scendendo
al terzo posto troviamo Abrham Hope, padre di Mable che le combina appuntamenti
al buio che, per qualche ragione, non vanno mai a buon fine.
Thelma,
sorella della protagonista, “trentadue anni. Bellissima. Biondissima. Elegantissima.
Indossa un tailleur griffato e tacchi a spillo. Guanti. Voi direte: con questo
dannato caldo? Esatto, ma su di lei sembrano normali. Anzi, ti verrebbe da
chiederti perché non li hai messi anche tu”.
George,
Andrew, Jack, ma potete chiamarlo Coso o Tizio. Tranquilli. Non si offende,
anzi molto probabilmente dopo vi chiederà anche di sentirvi.
Infine,
a pari merito, ecco a voi il caro Bob, ossia Bieco Ominide di Boston che “Vive
in un loft, posta selfie su Facebook e ingurgita venticinque chili di hot dog
al mese”. Sembra essere in qualche modo collegato ai greci, ai normanni, alla
piramide di Giza. Moss che potrebbe avere “un insopportabile aspetto vanesio
con l’alitosi” oppure potrebbe essere “un tipo a posto, uno con i piedi ben
piantati a terra”. Oppure no!
Passiamo
ai dialoghi. Esilaranti, divertentissimi, a volte accesi, ma sempre appassionati.
Dalla Bertod non mi aspettavo nulla di meno. Ecco a voi un piccolo esempio:
«Senza
considerare tutto l’aspetto fisico del progetto. Preliminari, palpatine in
auto. Da che lato dormi?» gli domando solo per indispettirlo, «Potrebbe essere
rilevante». Stephen sorride, lo sa cosa sto cercando di fare. «Un po' poco per
dire di no a tre milioni di dollari, Mable, non ti pare?» mi costringe a
riflettere. «Non hai sentito cosa ho in mente per la parte della riproduzione»
gli strizzo l’occhio, ma sono le sei. E’ tardi, se ne accorge controllando
distrattamente l’ora dal suo orologio da polso. «Temo di dover rimandare questa
esilarante scoperta a domani. Devo tornare in laboratorio» mi avverte, sbuffando.
Prima di andare via, però, si sporge sulla scrivania e punta gli occhi nei
miei. «Per inciso, dormo a sinistra. E….non amo i pigiami».……«non mi hai detto
qual è la tua posizione preferita a letto», mi ricordo. «Quella in cui mi
supplichi di continuare» risponde lui sbattendosi la porta dietro.
Adoro!
Voi avete letto il romanzo? Cosa ne pensate?
CONSIGLI SPARSI
Siamo giunti al mio momento preferito, quello dei consigli sulla tisana da gustare durante la lettura del romanzo. Poiché oggi mi sento particolarmente benevola, ho deciso di elargire un consiglio che secondo me è, senza esagerare, perfetto! Questo libro richiede qualcosa di delicatamente frizzante, dignitosamente inebriante e deliziosamente ghiacciato. La scelta non poteva che ricadere su un gustoso calice di vino bianco.Io preferisco i vini fermi, tipo coda di volpe o falanghina, ma anche un fruttato va bene, non sottilizziamo!!! Potete aggiungere anche qualche goccia di succo alla pesca o all'arancia. Il mio consiglio è quello di bere un bel calice di vino accompagnato da qualche fetta di formaggio (io lo cospargo di miele o di marmellata all'arancia. Una bontà!); una mozzarella farcita oppure crostini di tonno e olive! Gnam, gnam!
Buona Lettura e buon aperitivo!!!
Commenti
Posta un commento